Chiesta l’evacuazione, dopo i nuovi raid nella regione di Kharkiv, la situazione drammatica nel Donbass e a Kherson. Kiev propone l’esclusione della Russia dall’Onu, ma prepara un piano di pace per febbraio.
Putin nomina Medvedev suo vice nella Commissione militare-industriale, ma un analista russo rinfocola le voci sul suo precario stato di salute: “Curato con farmaci antitumorali occidentali”. L’ex vicepremier russo Rogozin, ferito, rischia la paralisi. Zelensky: “Supereremo l’inverno perché sappiamo per cosa lottiamo”. Ma i missili Patriot garantiti dagli Stati Uniti saranno operativi tra sei mesi.
Nel frattempo, missili S-300 sono piovuti sulla regione di Kharkiv e tutti i residenti sono stati invitati a restare nei rifugi. Dopo giorni di intensi attacchi, a Kherson arriva invece l’esortazione a lasciare la città da parte del ministero del Reintegro dei territori temporaneamente occupati, che su Telegram scrive: “I continui bombardamenti nemici su Kherson liberata stanno diventando sempre più frequenti e su larga scala. La situazione della sicurezza è stata molto tesa negli ultimi giorni”.
La controffensiva ucraina continua però a dare risultati nel Lugansk. Secondo il capo dell’amministrazione militare regionale Sergej Gaidai, le truppe ucraine non sono lontane da Kreminna. Sky News informa: “Il comando militare della Federazione Russa si è già trasferito da questa città a Rubizhny”. E c’è attesa per l’arrivo dei missili Patriot promessi dagli americani: il problema è che, per via dell’intenso addestramento necessario ad utilizzarli, secondo lo stesso ministero degli esteri saranno necessari sei mesi prima che siano operativi. Nel frattempo German Galushchenko, ministro dell’Energia, avverte: “I russi non hanno rinunciato ad attaccare il sistema energetico. Stanno rispettando determinate date. E forse il nuovo anno è una di quelle date in cui cercheranno di danneggiare di più il nostro sistema”.
Un altro allarme arriva dal bollettino degli 007 britannici, secondo i quali le truppe di Mosca starebbero minando dallo scorso ottobre il territorio con mine anticarro e antiuomo per difendere le proprie posizioni. I campi minati “costituiscono un ostacolo per truppe addestrate solo quando sono difesi dal fuoco e dalla vigilanza, che al momento sembrano far difetto alle forze russe stanziate nel teatro ucraino. La posa di mine in questo caso, dunque, non sarebbe conforme alle regole di guerra dettate dai manuali russi”.
Sul fronte opposto, l’ex vicepremier russo Dmitry Rogozin, ferito da una scheggia in un attacco a Donetsk, è stato operato e rischia la paralisi. Il servizio di sicurezza federale del Cremlino informa di aver “eliminato” 4 sabotatori ucraini in un conflitto a fuoco al confine nella regione russa di Bryansk. Quanto alle esplosioni nella base aerea russa di Engels, nella regione di Saratov, il portavoce dell’Aeronautica di Kiev, Yuriy Ignat, dice al Kyiv Independent : “Sono la conseguenza delle azioni di Mosca in Ucraina. Se i russi pensavano che la guerra non li avrebbe colpiti nelle retrovie, si sbagliavano”.
In una nota del ministero degli Esteri, Kiev ha chiesto la rimozione della Russia dall’Onu come membro permanente del Consiglio di sicurezza: “L’Ucraina chiede agli Stati membri delle Nazioni Unite… di privare la Federazione Russa del suo status di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e di escluderla dall’Onu nel suo insieme”. Contestualmente, tuttavia, proprio il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha confermato all’Associated Press l’intenzione di puntare ad un summit di pace entro fine febbraio, con il segretario dell’Onu Antonio Guterres nelle vesti di mediatore. Kuleba ha spiegato: “Ogni guerra finisce per via diplomatica. Ogni guerra finisce come risultato delle azioni intraprese sul campo di battaglia e al tavolo dei negoziati. Le Nazioni Unite potrebbero essere la sede migliore per tenere questo vertice, perché non si tratta di fare un favore a un certo Paese, si tratta di coinvolgere tutti. Guterres ha dimostrato di essere un mediatore e un negoziatore efficiente e, soprattutto, un uomo di principi e di integrità. Quindi saremmo lieti di una sua partecipazione attiva”.
Mosca, per essere invitata al summit, dovrà tuttavia accettare di essere perseguita per crimini di guerra da un tribunale internazionale. Una condizione che al momento appare altamente improbabile.
Volodymyr Zelensky ha avuto un colloquio telefonico con il premier indiano, Narendra Modi, cui ha riferito di “contare sulla partecipazione” del suo Paese “all’applicazione della formula di pace ucraina, annunciata al G20” di Bali. Su Telegram il leader ucraino afferma: “Abbiamo resistito all’inizio della guerra, abbiamo sopportato attacchi, minacce, ricatti nucleari, terrore, attacchi missilistici. Sopporteremo questo inverno. Perché sappiamo per cosa stiamo combattendo. Stiamo andando avanti attraverso le asperità sino alle stelle, sapendo cosa ci aspetta alla fine della strada. Crediamo che le lacrime saranno sostituite dalla gioia, la disperazione sarà seguita dalla speranza e la morte sarà sconfitta dalla vita”.
Tuttavia, nel consueto videomessaggio alla nazione, Zelensky ammette: “La situazione nel Donbass è difficile e dolorosa. Bakhmut, Kreminna e altre aree del Donbass, ora richiedono la massima forza e concentrazione”.
A riaccendere le voci sulle sue precarie condizioni di salute di Vladimir Putin è uno storico e analista politico russo, Valery Solovei, il quale sostiene che il capo del Cremlino si starebbe curando con farmaci antitumorali occidentali: “Posso dire che senza questa terapia estera Putin non ci sarebbe più”. Lo ha dichiarato al canale YouTube ucraino Odesa Film Studio, aggiungendo: “Putin usa i trattamenti più avanzati e una terapia mirata che la Russia non è in grado di fornirgli. La fine è vicina, anche secondo i medici che lo stanno curando, perché nessun farmaco può avere successo per un tempo infinito”.
Una notizia del genere inquieta se si pensa al fatto che il leader di Mosca ha appena nominato come suo vice nella Commissione militare-industriale Dmitry Medvedev, l’uomo che finora più di tutti ha paventato minacce nucleari e bellicose nei confronti dell’Occidente. Medvedev avrà il diritto di “creare consigli e gruppi di lavoro nelle aree di attività della Commissione per esaminare questioni di sua competenza e preparare proposte per la loro soluzione”. Entro fine anno Putin potrebbe avere un colloquio con il leader cinese Xi Jinping.
Sul fronte economico, il New York Times scrive infine di alcune novità sul Nord Stream, colpito in un attacco a settembre: “Nelle ultime settimane, Nord Stream AG, che è di proprietà di maggioranza di una società controllata dal Cremlino, ha iniziato a preventivare i costi per riparare il tubo e ripristinare il flusso di gas, secondo una persona informata sui lavori che ha parlato a condizione di anonimato perché non era autorizzato a parlarne pubblicamente. Una stima di riparazione parte da circa 500 milioni di dollari, ha detto questa persona. I consulenti per la Russia stanno anche studiando per quanto tempo i tubi danneggiati possono resistere all’esposizione all’acqua salata. Le inchieste sollevano la questione del perché, se la Russia ha bombardato i propri oleodotti, abbia avviato il costoso lavoro di riparazione degli stessi”.
Secondo quanto riferisce Ukainska Pravda, il presidente dell’Ucraina ha affermato: “Continuiamo a preparare le forze di difesa e sicurezza dell’Ucraina per il prossimo anno. Il 2023 dovrebbe essere un anno cruciale. Comprendiamo i rischi dell’inverno, capiamo cosa dobbiamo fare in primavera, e quindi capiamo quali risultati deve dimostrare l’intero settore della difesa e della sicurezza, la necessità di mantenere una comprensione comune dei nostri obiettivi nazionali. Gli obiettivi principali restano la liberazione dell’Ucraina dal nemico, così come il ritorno degli ucraini a casa, l’ulteriore riavvicinamento dello Stato con partner chiave, aprendo nuove opportunità per l’Ucraina nel mondo”.
Zelensky ha spiegato di aver parlato anche con il ceo di Blackrock. Il presidente ucraino, riferisce Ukrinform, ha ricevuto un’altra conferma che il mondo degli affari crede nella vittoria dell’Ucraina ed è pronto a investire nella ricostruzione del Paese. Zelensky avrebbe spiegato: “Gli specialisti di questa azienda stanno già aiutando l’Ucraina a strutturare il Fondo per la ricostruzione del nostro Stato. E ci stiamo già preparando a partecipare al World Economic Forum di Davos. La posizione e le prospettive dell’Ucraina saranno presentate lì”.
La recente conversazione telefonica tra il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha fatto seguito al colloquio telefonico che Meloni e Zelensky avevano avuto il 28 ottobre. Meloni ha rinnovato il pieno sostegno del Governo italiano a Kiev in ambito politico, militare, economico e umanitario, nel ripristino delle infrastrutture energetiche e nella futura ricostruzione dell’Ucraina. Meloni ha ribadito il massimo impegno dell’Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta per la Nazione ucraina. Lo si apprende da Palazzo Chigi. Nella conversazione, la premier italiana ha confermato la sua intenzione di recarsi a Kiev e ha invitato il Presidente Zelensky a venire in visita a Roma.
Il leader ucraino, ha scritto su Twitter: “Mi ha ‘informato che si sta valutando la questione della fornitura di sistemi di difesa aerea a protezione dei cieli ucraini”. Zelensky ha poi detto di aver parlato con Meloni del piano di pace elaborato per la fine del conflitto in Ucraina. Il presidente ucraino ha quindi ‘ringraziato per la solidarietà e il sostegno globale all’Ucraina, dicendo di aver lodato lo stanziamento da parte del governo italiano di ulteriori 10 milioni di euro in aiuti (una cifra irrisoria rispetto a quanto ha messo a disposizione Biden).
Ma sul fronte dell’Ucraina le sorprese non finiscono mai. Il governo bielorusso ha annunciato martedì la cancellazione dell’accordo sulle misure di sicurezza aggiuntive con l’Ucraina, che consentiva il controllo delle attività militari a 80 chilometri dal confine, nel bel mezzo dell’invasione russa scatenata il 24 febbraio su ordine del presidente russo Vladimir Putin.
Valeri Revenko, vice ministro della Difesa per la cooperazione militare internazionale, ha dichiarato sul suo account Twitter: “La misura è stata approvata per decreto del Consiglio dei ministri”. Non ha fornito ulteriori dettagli e l’Ucraina non ha ancora commentato la decisione.
Qualche ora prima, il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, aveva dichiarato che, durante l’ultimo incontro con la controparte russa, molti punti sono stati messi a punto e aveva affermato che i governi di entrambi i Paesi avrebbero lavorato per attuare gli accordi raggiunti.
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, come riportato dall’agenzia stampa bielorussa BelTa, ha dichiarato: “Se qualcuno pensa che abbiamo preso solo il tè, devo dire che ieri abbiamo discusso di molte questioni, non solo davanti al tè, ma anche a tarda notte, mentre tornavamo a casa. A volte alcuni Stati impiegano anni per discutere di molte cose in un breve periodo di tempo. Tutte le questioni sollevate sono state raggiunte”. Senza fornire ulteriori dettagli, Lukashenko è andato in visita ufficiale nella città russa di San Pietroburgo dopo il vertice informale di lunedì della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI).
Prima di Natale, Putin si è recato in Bielorussia per incontrare il presidente bielorusso, che dopo l’incontro ha dichiarato che Mosca e Minsk sono disposte a dialogare con l’Europa, alla quale ha chiesto di “ascoltare la voce della ragione”. La Bielorussia, alleata di Mosca, ha permesso il dispiegamento di personale militare sul suo territorio per sostenere l’offensiva. Ma quale è la ragione? La risposta potrebbe essere di pirandelliana memoria.
Il presidente russo ha ordinato l’inizio dell’invasione dell’Ucraina pochi giorni dopo aver riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, situate nella regione del Donbas (est) e teatro del conflitto dal 2014. A settembre Mosca ha annunciato l’annessione di queste regioni e di quelle di Kherson e Zaporiyia, parzialmente occupate nell’ambito del conflitto.
Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov denuncia minacce di assassinare il presidente russo, Vladimir Putin, arrivate da anonimi funzionari del Pentagono sotto forma di dichiarazioni relative ad un attacco che decapiterebbe il Cremlino. Lavrov ha dichiarato alla Tass: “Se queste idee vengono veramente ponderate da qualcuno, allora questo qualcuno dovrebbe riflettere meglio sulle possibili conseguenze di tali piani”. Lunedì scorso, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha esortato l’Ucraina ad accettare la sua proposta di pace dichiarando: “Il nemico è ben consapevole delle nostre proposte sulla smilitarizzazione e la denazificazione dei territori controllati dal regime di Kiev. Vogliamo l’eliminazione delle minacce alla sicurezza della Russia che include i nostri nuovi territori (le repubbliche di Donetsk e Lugansk e le regioni di Kherson e Zaporizhzhia). Non resta molto da fare: accettare queste proposte in modo amichevole, o in caso contrario sarà l’esercito russo ad occuparsi della questione”.
Inoltre, il Ministro degli Esteri russo ha dichiarato: “L’Occidente punta alla totale moderazione della Russia, un fatto estremamente pericoloso che pone il rischio di un confronto armato diretto tra potenze nucleari. Il regime di Kiev sta cercando di trascinare gli americani e gli altri membri della NATO nel vortice del conflitto, sperando di rendere inevitabile uno scontro precipitoso con l’esercito russo”.
In questo contesto, Lavrov ricorda l’impatto di un missile in Polonia a metà novembre e la reazione del presidente ucraino di “spacciare” il proiettile per un missile russo sottolineando: “È un bene che Washington e Bruxelles abbiano avuto la saggezza di non cascarci”.
Secondo Lavrov, come riporta la Tass, ha aggiunto: “Sul rischio negativo di uno scontro armato diretto tra potenze nucleari, Mosca ha affermato più volte che non ci possono essere vincitori in una guerra nucleare e che questa non deve mai essere scatenata”.
Lavrov ha inoltre denunciato: “Gli Stati Uniti e la NATO cercano una vittoria sulla Russia sul campo di battaglia come meccanismo per indebolire o addirittura distruggere il nostro Paese. I nostri avversari faranno tutto il possibile per raggiungere questo obiettivo. Le azioni dell’Occidente e del suo fantoccio (il presidente ucraino Volodimir) Zelensky confermano la natura globale della crisi ucraina. Washington ha lavorato per raggiungere l’obiettivo geopolitico di rompere i legami tradizionali tra Russia ed Europa e di rendere i suoi satelliti europei ancora più dipendenti da essa”.
Poi, ha ribadito: “Tenere una normale conversazione con l’Amministrazione Biden, che dichiara la sconfitta strategica della Russia come uno dei suoi obiettivi, è oggettivamente impossibile. Le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono in uno stato veramente deplorevole, poiché sono quasi ferme a causa di Washington. Abbiamo sempre spiegato agli americani che non è nel nostro stile denigrare le relazioni tra governi. Tuttavia, agiamo in una posizione di reciprocità quando si tratta di costruire il dialogo. In altre parole, agiamo in linea con il principio ‘occhio per occhio’, ma non necessariamente in modo simmetrico”.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto con misure in risposta alla recente decisione di imporre un tetto al prezzo del greggio russo, tra cui il divieto di fornire petrolio e prodotti petroliferi russi a questi Paesi.
Il decreto sull’attuazione di misure economiche speciali nel settore dei combustibili e dell’energia in relazione alla fissazione da parte di alcuni Stati esteri di un tetto di prezzo per il petrolio e i prodotti petroliferi russi sarà in vigore dal 1° febbraio 2023 al 1° luglio 2023.
La misura prevede il divieto di fornire petrolio e prodotti petroliferi dalla Federazione Russa a chi prescrive un prezzo massimo nei contratti, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa TASS.
L’ordinanza siglata martedì scorso vieta anche la fornitura di petrolio russo ad acquirenti stranieri se il contratto utilizza un meccanismo di price cap.
A questo proposito, il Ministero dell’Energia russo controllerà il rispetto del decreto presidenziale sulle misure di ritorsione contro l’introduzione di un tetto al prezzo del petrolio russo.
All’inizio di dicembre, gli Stati membri dell’UE, insieme al G7 e all’Australia, hanno deciso di fissare un tetto massimo di 60 dollari al prezzo del petrolio russo trasportato via mare.
La Russia che accusa gli Stati Uniti di un attentato a Putin, invece agisce contro gli oppositori del Cremlino. Infatti, in comune con le storie più o meno eccellenti di prominenti cittadini russi che hanno osato anche timidamente criticare le mosse dello zar Vladimir Putin, c’è l’ultimo misterioso atto (forse coatto) della loro vita: il volo dalla finestra. L’ultimo cadavere eccellente di questa lista volante si chiamava Pavel Antov ed era un ricchissimo deputato di Vladimir (città a 200 km da Mosca) che militava nel partito dello zar omonimo, Russia Unita, mecenate dell’arte e venditore di insaccati. La scorsa estate secondo notizie di agenzia aveva pubblicamente definito terroristici gli attacchi sull’Ucraina, salvo poi fare marcia indietro sui ceci e dichiarare fiducia assoluta al signore di Mosca. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato il giorno di Natale a migliaia di chilometri da casa, sotto la finestra della stanza che occupava al terzo piano di un albergo di Rayagada nello Stato di Odisha, in India.
Antov, psichiatra di formazione con studi a San Pietroburgo, era diventato ricco. Nel 2019, la rivista Forbes gli attribuiva un patrimonio di 180 milioni di euro nella Russia post-sovietica, prima cimentandosi con un banco dei pegni e poi nel campo delle carni e dei salumi. Gioviale e iperattivo, amava molto viaggiare e si trovava in India con un gruppetto di quattro amici per celebrare il suo 65esimo compleanno. Poche, rarefatte notizie sono arrivate da Odisha, Stato di 43 milioni di abitanti affacciato sul Golfo del Bengala. La guida che accompagnava i russi avrebbe scoperto Antov a terra in una pozza di sangue, sotto la sua finestra. Due giorni prima, il gruppo aveva già perso Vladimir Budanov, amico (non si sa quanto stretto) di Antov, ritrovato morto nella sua stanza d’albergo. Secondo gli inquirenti indiani che indagano sull’accaduto, citati dal canale Ndtv, l’industriale di Vladimir si sarebbe gettato nel vuoto per Natale, sconvolto dalla scomparsa dell’amico. Insieme stavano persino progettando un grande allevamento di polli ma il destino (o il Cremlino?) ci avrebbe messo lo zampino interrompendo il sodalizio di affari e di amicizia. L’ambasciata russa in India ha fatto sapere che la polizia indiana non ha ritrovato nessun riscontro criminale nella morte dei due cittadini russi.
Naturalmente l’amicizia è una questione molto seria, e i casi della vita infiniti. Eppure il gioco barbaro delle coincidenze e la modalità del volo dalla finestra di russi non perfettamente allineati con il capo richiamano alla mente fresche memorie. A settembre era volato dal sesto piano di un ospedale di Mosca il presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil, uno dei due giganti petroliferi russi: Ravil Maganov aveva 67 anni e nei giorni della sua scomparsa Mash, sito con buone fonti nelle forze dell’ordine russe, aveva sostenuto che il manager fosse in cura per problemi di cuore e che gli fosse stata diagnosticata una forma di depressione. L’agenzia statale Tass aveva parlato di infarto, spiegando che Maganov avrebbe assunto anti-depressivi. Non sufficienti a impedirgli di gettarsi dalla finestra.
Depressione interiore o pressioni dall’alto (o alle spalle)? Lo scorso marzo il board di Lukoil aveva chiesto in un comunicato “la rapida fine del conflitto armato in Ucraina”, esprimendo sincera vicinanza a tutte le vittime. A finire rapidamente non è stata la guerra ma l’esistenza di Maganov. Scrivevano Fabrizio Dragosei e Davide Casati sul Corriere, “La sua morte susciterebbe solo qualche perplessità se non arrivasse dopo una serie di suicidi e incidenti più o meno oscuri iniziati già prima dell’invasione a febbraio e poi via via sempre più frequenti. Da Leonid Schulman a Sergey Protasenya, personaggio importante nel settore del gas trovato morto con la moglie e la figlia in un resort in Spagna. L’arma del delitto: un’ascia”.
Il volo di gruppo dalla finestra è una modalità più complicata e meno credibile di farla finita o di inscenare un suicidio di famiglia. Più chiara, si fa per dire, la scomparsa di Dan Ropoport, lettone che aveva fatto fortuna in Russia e vivace critico del governo Putin, che la notte della vigilia di Ferragosto è precipitato da un palazzo di Washington con un cappello in testa, infradito arancioni e in tasca 2.620 dollari in contanti. Il re dei salumi di Vladimir ha seguito una traiettoria simile (senza infradito), volando da una finestra nella lontana città indiana di Rayagada, disperato per la morte di un compagno di viaggio.
Il presidente russo Vladimir Putin nel corso di un incontro con il Consiglio russo per i diritti umani, come riportano i media internazionali, ha detto: “L’operazione militare speciale in Ucraina potrebbe diventare un processo a lungo termine. La Russia si difenderà con tutti i mezzi a disposizione, prima di tutto, ovviamente, ci concentreremo sui mezzi pacifici. Su 300.000 dei nostri combattenti mobilitati, 150.000 sono nella zona dell’operazione. Non ha senso parlare di una nuova mobilitazione in Ucraina”.
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, nel corso della conferenza stampa alla Casa Bianca con il presidente francese Emmanuel Macron, ha detto: “E’ una guerra malata ed esiste un solo modo per fermarla, cioè che Vladimir Putin si ritiri dall’Ucraina. La Russia sta infliggendo un’incredibile carneficina alla popolazione civile dell’Ucraina. Bombardando asili nido, ospedali, orfanotrofi. E’ pazzesco quello che sta facendo”.
Biden ha aggiunto di non avere nell’immediato un piano per contattare Putin, ma è pronto a parlare con il leader russo se dovesse mostrare di cercare un modo per porre fine alla guerra. In propsito Biden ha detto: “Se fosse così, dopo aver consultato gli alleati francesi e della Nato, sarò felice di sedermi con Putin per vedere cosa vuole, cosa ha in mente. Ma non l’ha ancora fatto. Nel frattempo penso che sia assolutamente fondamentale continuare a sostenere il popolo ucraino”.
Dunque, da queste notizie convulse, dietro le schermaglie diplomatiche, non emerge la volontà di porre fine nel breve termine al conflitto ucraino. A pagarne le spese è tutta l’umanità, con gli europei più direttamente coinvolti. A questo punto ci si dovrebbe chiedere cosa ne sarà dell’Unione europea? Oggi, coinvolta dagli scandali per corruzione, senza la presenza di un esperto come Draghi, è ulteriormente indebolita nel ruolo che potrebbe svolgere sul proscenio della geopolitica.
Salvatore Rondello
Ucraina, Kiev chiede l’esclusione della Russia dall’Onu – Avanti